Miti e leggende sul mirto, una delle piante leggendarie di Roma
La parola mirto deriva dal termine greco “myrtos”, che rimanda alla sua essenza profumata. Le sue foglie sprigionano infatti un aroma inconfondibile. Si tratta di una pianta che in passato era consacrata ad Afrodite, dea della bellezza e dell’amore chiamata Venere dai romani.
Secondo gli antichi greci il mirto serviva ad adornare le vesti dei soldati o degli atleti: era infatti simbolo di energia e vigore. I romani pensavano che regalare il mirto fosse di buon auspicio. Ovidio, uno scrittore latino del I secolo a.C., racconta che Afrodite, dopo esser nata dalla schiuma del mare, si è nascosta dietro un albero di mirto. Proprio per questo in antichità veniva spesso associato alla femminilità e alla fecondità. Nonostante abbia per di più significati positivi possiamo vedere il mirto al centro di una storia ambientata nell’Ade. La mitologia greca ci ha fatto arrivare infatti un racconto che spiega perché il mirto potesse assumere secondo i greci anche un’accezione funebre.
Secondo quanto ci è arrivato quando il dio Dioniso scese nell’Ade per riportare in vita sua madre Semele. Al dio si chiese di concedere agli inferi la pianta che gli era più cara: il mirto. Grazie a questa pianta Dioniso riuscì a far sì che Persefone, sposa di Ade, liberasse Semele e la rendesse immortale. In questo caso l’accezione funebre non deve essere interpretata negativamente perché è rappresentativa del ciclo della vita. Nell’antica Roma si usava come elemento decorativo per le cerimonie nuziali e per incoronare i poeti. Si narra che fossero state piantati due alberi di mirto di fronte al tempio di Quirino.
Forse non tutti lo sanno, ma la parola “mortadella” è dovuta proprio all’uso che in passato si faceva del mirto, in particolare in Sardegna. In antichità infatti per aromatizzare l’insaccato si usavano le bacche di mirto anziché il pepe, come si fa comunemente oggi.