Le chiamano quaresime, bubbolini, carletti o sciòpet e sono buonissime: scopriamo insieme questa squisita erba primaverile
Esiste un’erba dai mille nomi, nota agli esperti come Silene vulgaris. Questo esemplare è anche soprannominato strigoli, stridoli, cornagì, sciopetì, silene rigonfia, verzulì e carletti: chi più ne ha più ne metta! Si tratta più nello specifico di un’erba che cresce spontaneamente nel periodo primaverile e che è commestibile.
Mangiare la Silene vulgaris significa portare numerosissimi benefici al proprio organismo. Questo esemplare è infatti particolarmente ricco: contiene sali minerali, vitamina C e saponine. Le saponine in particolare sono dei glicosidi terpenici che venivano utilizzati in passato per pulire le stoffe. Si ricavano da alcune piante e sono un’alternativa 100% naturale ai comuni saponi industriali.
Quando è comparsa questa pianta sul nostro pianeta? La Silene vulgaris ha origini molto antiche e c’è chi la fa addirittura risalire alla Grecia antica. Secondo la mitologia greca questa era un’erba consacrata a Sileno, una divinità minore che si diceva popolasse i boschi. Questa creatura dall’aspetto goffo e bizzarro solitamente portava con sé un corno in cui era inserita la pianta battezzata col suo nome.
La Silene vulgaris oltre ad essere un autentico toccasana per la nostra salute è anche ottima da mangiare. È proprio grazie al suo sapore delicato che ha avuto modo di diffondersi nel corso dei secoli. In passato era molto popolare in Europa, specialmente in Italia e in Portogallo.
Dalla sua lavorazione si possono ottenere gustosi pesti. La si può altrimenti sfruttare per insaporire primi piatti o per dare un tocco di freschezza a frittate e polpette.