Giuggiole, un frutto del passato tutto da riscoprire: ecco cosa dice la sua leggenda e cosa simbolizza
I frutti del giuggiolo si consumano in molti modi: freschi, essiccati, bolliti, stufati e cotti al forno e si utilizzano per aromatizzare il tè. Se trasformati in frutti glacé mediante bollitura in miele e sciroppo di zucchero, assomigliano ai datteri persiani e sono noti anche come ”datteri cinesi”. Il succo ottenuto dai frutti è usato per fare piccole caramelle chiamate giuggiole.
I frutti crudi sono ricchi di vitamina C. La maggior parte sono varietà del giuggiolo comune (Z. jujuba), originario della Cina, dove vengono coltivate da oltre 4.000 anni. Questa specie, alta da 7,6 a 9 metri, ha foglie alterne a tre nervature, di forma da ellittica a ovale, lunghe da 2,5 a 7,6 cm. I piccoli fiori gialli sono seguiti da frutti di colore marrone scuro, da rotondi a oblunghi, grandi come piccole prugne. La polpa bianca e croccante circonda un unico grande nocciolo appuntito.
Infatti, le giuggiole si raccolgono in tarda estate, meglio quando il colore della buccia diventa rosso intenso poiché la sua polpa raggiunge la completa maturazione, che gli conferisce il caratteristico sapore dolciastro e zuccherino. Dunque, non a caso è famosissimo il detto ”Sono in un brodo di giuggiole”. Questi frutti possono essere utilizzati per preparare sciroppi, marmellate e liquori.
C’è anche una leggenda che riguarda episodi evangelici su questo particolarissimo frutto. Si narra che una specie affine al giuggiolo fosse una delle due piante che servirono a preparare la corona di spine di Gesù prima della crocifissione. Per i Romani, invece, il giuggiolo simboleggiava il silenzio e la riservatezza e per questo motivo si utilizzava molto spesso per adornare i templi della dea Prudenza. In Romagna e in generale nelle case coloniche rami della pianta del giuggiolo si preparavano vicino l’uscio, nella zona più esposta al sole, poiché si ritiene che possa portare fortuna.