Albero di noce di betel: tutto ciò che c’è da sapere su questa meraviglia
L’albero di noce di betel è originario dell’Asia ed è legato ad una storia ricca di simbologia e significati. I frutti che produce hanno un gusto fresco e delizioso e donano una gradevole sensazione al corpo. In questo articolo scopriremo le caratteristiche di questo particolare albero.
Caratteristiche
Questa pianta appartiene alla famiglia della palma Areca catechu ed il suo frutto è usato in tutta l’Asia come alimento principale in molti piatti. Esso cresce soprattutto nelle zone del Pacifico tropicale e dell’Africa orientale. Il suo nome deriva dal fatto che il frutto viene consumato avvolto in foglie di betel e risale a migliaia di anni fa, oggi il suo consumo è famoso soprattutto in India e Pakistan.
Un pò di storia dell’albero di noce di betel
L’esistenza di questa pianta, secondo gli esperti, potrebbe risalire addirittura al I secolo, quando nelle scritture sanscrite era già presente la descrizione del frutto come qualcosa contente qualità paradisiache. Altre prove archeologiche fanno risalire l’origine della pianta ed il consumo del frutto ad almeno 4000 anni fa. Oggi la sua simbologia ed uso varia da cultura a cultura, per esempio in Vietnam è un importante simbolo di matrimonio, in Malesia è usata per accogliere persone in casa e in India era consumata soprattuto dall’elite. Ovviamente oggi questa pianta è famosa in tutto il mondo ed i suoi frutti sono esportati globalmente. Pur avendo una ricca storia alle spalle, oggi assume un significato diverso in base alla cultura dove viene consumata.
Benefici per l’uomo
L’albero di noce di betel produce un frutto che stimola l’organismo umano grazie alla presenza di arecolina che agisce sul sistema nervoso centrale ed aumenta la respirazione. I consumatori potrebbero avvertire un aumento di energia e lucidità, aumento di concentrazione ed apprendimento. Quindi i principali benefici arrecati all’uomo sono legati allo stimolo delle facoltà cognitive e rilascio di una sensazione di freschezza.
