Come fanno le piante carnivore a catturare le prede
Toglietevi subito dalla mente il film La piccola bottega degli orrori: le piante carnivore non crescono a dismisura, pronte a catturare nelle loro spire il malcapitato di turno. E scordatevi anche dei B-movie horror dove le suddette piante carnivore muovono steli e radici come tentacoli, arrivando a spostare il fusto pur di afferrare il loro cibo. Esistono dei precisi meccanismi tramite i quali le piante carnivore si nutrono.
Tecniche di “caccia” delle piante carnivore
Nell’immaginario collettivo le piante carnivore sono piante gigantesche che passano la loro vita a cercare di catturare gli imprudenti esseri umani. Ma questa è solo fantasia. Le piante carnivore o insettivore sono piante piccole che, al massimo riescono a intrappolare protozoi, insetti e artropodi vari, traendo da loro i nutrienti di cui necessitano.
Crescono soprattutto in ambienti dove il suolo è troppo acido o povero di nutrienti. Nel corso del tempo queste piante si sono adattate a queste condizioni estreme, imparando a ricavare le sostanze di cui avevano bisogno da altre fonti. E in questo caso la scelta è caduta sulle proteine animali.
Tendenzialmente sono piante piccole, con radici ridotte e solitamente perenni (ma ce ne sono anche di annuali). Ma non è di questo che vogliamo parlarvi. Quello su cui oggi ci vogliamo concentrare è sui meccanismi che queste piante usano per catturare le prede.
Ce ne sono alcune che sfruttano le cosiddette trappole ad ascidio. In pratica c’è una foglia a forma di caraffa, piena di batteri ed enzimi digestivi. Le prede finiscono intrappolate dentro questa foglia modificata, non riescono più a uscire ed ecco che la pianta può nutrirsi. Per esempio, le Heliamphora, la Sarracenia e la Darlingonia californica o pianta cobra appartengono a questa tipologia.
Poi ci sono le trappole adesive. In questo caso è facile intuire cosa succeda. La pianta secerne sulle foglie una sostanza mucillaginosa e collosa che blocca le prede. Per esempio, le piante del genere Triphyophyllum hanno una trappola adesiva passiva: secernono solamente la sostanza collosa, ma le foglie non si muovono per catturare la preda. Le piante del genere Drosera, invece, hanno trappole adesive attive: le foglie avvolgono letteralmente la preda.
Abbiamo anche delle trappole a scatto, che sembrano delle vere e proprie tagliole. La pianta è dotata di alcuni recettori sensibili. Quando questi rilevano la possibile presenza di prede, ecco che le foglie si muovono velocemente per intrappolare la preda al loro interno. Questo meccanismo è molto scenografico perché sembra quasi che la pianta si muova come se fosse un animale. A questa tipologia ascriviamo la Dionaea muscipula o venus acchiappamosche e l’Aldrovanda vesiculosa.
Esistono anche piante carnivore con trappole ad aspirazione. Tramite un meccanismo alquanto complesso, la pianta presenta una struttura, l’utricolo, che ricorda una specie di vescica. Qui dentro si crea una sorta di vuoto di pressione che risucchia letteralmente la preda al suo interno. Questa metodica è un’esclusiva delle piante del genere Utricularia.
Infine abbiamo le trappole a nassa. In questo caso aspettatevi dei peli che riescono a direzionare la preda verso l’organo digestivo. Questa tipologia è tipica delle Genlisea, le cosiddette piante cavaturaccioli.
A complicare le cose, poi, ci si mette il fatto che queste trappole si distinguono poi fra attive e passive (le prime con movimento delle foglie, le seconde no).